“Giorgio La Pira indicava la forza delle città nell’opposizione alla logica della guerra che da esse proveniva: oggi tale intuizione dovrebbe essere sviluppata (…) [come] riflessione sul diritto alla pace che proviene dalle città (…) luoghi del vivere insieme, in cui si organizza la convivenza e si dà attenzione alle diverse dimensioni della vita umana” (Alessandro Cortesi).
Quella offerta da Alessandro Cortesi è solo una delle molte stimolanti prospettive emerse durante il seminario svoltosi a Firenze il 12 novembre 2016 nell’ambito del percorso verso il II Forum di Etica Civile promosso dall’associazione Cercasi un fine, dal Centro Bruno Longo (TO), dalla FOCSIV, dalla Fondazione Lanza (PD) e dalle riviste Aggiornamenti Sociali e Il Regno. Organizzato dalla Rivista “Incontri”, il seminario ha preso avvio con gli interventi d’apertura di Piero Tani (Incontri) e Simone Morandini (Fondazione Lanza) sulla rilevanza del dialogo interreligioso per la costruzione di un’etica civile. La mattinata – intensa e stimolante – ha visto poi la relazione introduttiva di Vincenzo Pace (Università di Padova) sul pluralismo religioso, il dialogo tra i domenicani Alessandro Cortesi e Claudio Monge sulle sfide poste dalla migrazione e della pluralità e l’affondo educativo di Giovanna Cipollari e Pierpaolo Simonini. Al pomeriggio l’intervento di Sumaya Abdel Qader sul vissuto dei musulmani in Italia ha preceduto lo stimolante confronto sull’etica tra Giuseppe Dal Ferro, Christian Albini ed Enrico Peyretti; il dialogo sull’Enciclica Laudato Si’ tra la francescana Tiziana Longhitano e l’ambientalista Karl-Ludwig Schibel ha aperto sulle conclusioni della teologa Stella Morra.
Queste poche pagine mirano a distillare alcune idee che chi scrive ritiene particolarmente centrali tra quelle presentate in tale occasione, per rilanciare il confronto in vista di un approfondimento ulteriore, aldilà di quanto sia stato possibile solo in parte nei tempi ristretti del seminario stesso. Naturalmente, come ogni sintesi, anche questa è parziale, inadeguata a rendere ragione della ricchezza di contenuti emersi negli interventi, tutti peraltro disponibili (anche in formato audio) sul sito www.fondazionelanza.net/eticacivile; ad essi si fa riferimento con i richiami in parentesi.
Idee e prospettive
Due coordinate fondamentali sono state richiamate come qualificanti per comprendere il rapporto tra le religioni in questo snodo cruciale della storia.
- Il riferimento è, da un lato, alla dinamica migratoria che – è stato sottolineato – è un vero segno dei tempi, che sfida ed interroga l’Europa nella sua stessa identità. In essa trova espressione una tenace speranza di vita espressa da uomini e donne pur in condizioni spesso insostenibili (Cortesi), ma anche una concretissima richiesta di accoglienza e di spazi di vita possibile (Abdel Qader). Far fronte a tali questioni richiede di prendere sul serio i diritti umani, nell’ambito di un’antropologia dell’incontro capace di superare il timore ed il rifiuto che sembrano oggi attraversare il Vecchio Continente.
- Solo in parte dipendente dalla presenza dei migranti, d’altra parte, è la realtà del pluralismo religioso: sempre più visibile, anche nella sua pubblica espressione simbolica, esso si rivela contemporaneamente sempre più consistente e differenziato, evidenziando una pluralità di forme anche all’interno delle singole comunità (Pace). Qui la richiesta è soprattutto quella di un riconoscimento, ma si pone anche la questione di un’interazione costruttiva tra le diverse fedi nello spazio pubblico.
Chi voglia prendere sul serio tale assieme di coordinate si trova interpellato da numerosi interrogativi, di diverso ordine, che proprio in tale spazio si pongono con particolare acutezza.
Ve ne sono in primo luogo alcuni più fondamentali (potremmo qualificarli come teologici, ma anche, quasi inscindibilmente, come antropologici): essi interpellano il cristianesimo, ma anche altre fedi, come l’Islam.
- La prima sfida è soprattutto quella di superare la soffocante alternativa postmoderna tra fondamentalismo e relativismo – in fondo modalità speculari di negazione dell’affermazione della verità dell’altro. Pur così differenti, le due posizioni sono del resto accomunate dalla convinzione che affermazioni diverse siano automaticamente incompatibili e quindi necessariamente destinate a confliggere.
- Cercare una via diversa significa invece ascoltare la realtà delle diverse religioni nella loro pretesa di consistenza, senza svuotarle di significato. Significa, però, anche coglierle nelle loro feconde interazioni, fatte di scambio e di incontro (Monge), espressive di un’unità dell’humanum che trova espressione proprio attraverso la ricchezza delle differenze.
- Di più, si pone ad ogni singola comunità religiosa la sfida di elaborare strumenti concettuali in grado di intravvedere positivamente il posto dell’altro nel disegno di Dio (Monge). Non si tratta qui di mettere in discussione la fedeltà radicale alla propria tradizione, ma di attivare anche nello spazio religioso quelle dinamiche di riconoscimento che disarmano la violenza (Peyretti).
Un secondo plesso di istanze interpella più specificamente un’etica civile, chiamandola a coltivare una speranza pratica, in grado di contrastare quella paura che impedisce l’accoglienza e interdice ogni interazione feconda e positiva tra le diversità (Monge). Dinanzi alla pluralità si tratta di declinare verbi come integrare, dialogare, generare, attivando una interazione feconda tra atteggiamenti che si richiamano reciprocamente. Si tratta cioè di porre – dinanzi alla disumanità diffusa – parole potenti, in grado di curare una fondamentale crisi antropologica.
Tale sfida interpella immediatamente la dimensione educativa, toccata nel seminario da due interventi. Diversi, essi sono stati, però, sostanzialmente complementari nell’indicare problemi e potenzialità di un insegnamento delle religioni nella scuola.
- Da un lato è stata sottolineata l’opportunità di valorizzare gli spazi presenti nell’attuale IRC confessionale, per dispiegare il trasversale potenziale pacificante del religioso, nella sua attenzione per l’umano espressa in atteggiamenti di benevolenza. Il riferimento al modello di H.Kung (Cipollari) evidenzia la possibilità di far emergere una trasversalità di contenuti tra le diverse fedi, pur sottolineando anche gli elementi propri di ognuna di esse.
- Dall’altro è stata segnalata la necessità di superare un insegnamento del fatto religioso declinato in termini puramente confessionali, per aprirsi a modelli più articolati. Si tratta cioè di confrontarsi con una pluralità ormai riconosciuta anche sul piano istituzionale (Simonini) e di valorizzare diversi soggetti religiosi, affidando loro un ruolo attivo anche in tale ambito.
Riconoscere la necessità di formare alla conoscenza ed alla comprensione del pluralismo pone, però, anche il problema di come fondare ed articolare un’etica in una città ormai che dalla pluralità è attraversata in modo irreversibile. Come superare la contraddizione tra la contrapposizione di diversi assolutismi e una fragile fondazione puramente procedurale, difficilmente in grado di muovere effettivamente ad un agire civile?
- In un contesto di pluralismo, di fronte alla minaccia che pesa sulla famiglia umana occorre in primo luogo ricercare e condividere una concreta “razionalità profonda in difesa dell’uomo e del bene comune: l’ecosistema ha prevalenza sul valore in sé” (Dal Ferro). È la direzione indicata anche dall’Enciclica Laudato Si’, intenzionalmente elaborata come catalizzatore di dialogo, nel segno di un amore civile e politico aperto ad un’ecologia integrale. Se vi è in essa una corposa fondazione teologica, ricca di implicazioni etico-politiche (Longhitano), tuttavia la sua interpellazione ha avuto forti e positive risonanze anche nel mondo laico (Schibel), così come in diverse comunità religiose, indicando una via feconda, da esplorare con attenzione.
- È un movimento di grande significato nel tempo del pluralismo religioso: per riprendere il linguaggio weberiano, è l’indicazione della possibilità di raccordare lo spazio comune della razionalità responsabile con le “etiche dell’intenzione” delle diverse tradizioni. Si tratta di una prospettiva in grado di disegnare un nuovo umanesimo planetario capace di supportare efficacemente un’etica civile (Dal Ferro).
- Certo, occorre pure diffidare delle pretese di chi ambisca ad offrire soluzioni definitive compiutamente elaborate, quasi fosse possibile mettere in parentesi quelle tensioni che attraversano anche il mondo delle religioni. Forse, anzi, è possibile evidenziare un contributo importante che esse possono offrire alla vita civile proprio nella loro capacità di abitare la complessità: il pensiero religioso ha sempre una dimensione paradossale che sa vivere tra polarità talvolta apparentemente inconciliabili, mantenendo aperto un orizzonte di confronto possibile (Morra).
- Tale significativa messa in guardia non cancella, però, quei numerosi elementi che – profondamente radicati nelle tradizioni religiose (in alcune o in tutte) – sono pure in grado di attivare positive risonanze su un piano antropologico ed etico. In tal senso è stata richiamata l’elaborazione del teologo tedesco J.B.Metz sulla memoria della sofferenza, quale catalizzatore di una riconciliazione tra le fedi, oltre l’antagonismo. A partire da essa è possibile muovere ad un’etica della responsabilità empaticamente connotata, nell’orizzonte di una fraternità plurale ed articolata, secondo l’indicazione di C.Theobald (Albini). Non identica, ma certamente convergente la dinamica di riconoscimento indicata dalla Regola d’Oro, presente trasversalmente in una varietà di tradizioni religiose (Peyretti). Essa orienta ad un rapporto con l’alterità che sa (ac)coglierla nella sua prossimità, ma anche riconoscerla nella sua singolare differenza: l’azione etica esige di comprendere il punto di vista dell’altro, anche se non è il proprio.
Conclusioni
Ciò che è emerso dal seminario fiorentino è che la città globale, che condividiamo come luogo di convivenza, è oggi invincibilmente plurale. Un’etica civile non può allora esimersi dal misurarsi con tale realtà, offrendo prospettive, per interpretare adeguatamente le domande di accoglienza e di riconoscimento che da essa emergono. Non si tratta certo di superare le religioni, ma piuttosto di coltivare il radicale potenziale pacificante custodito in esse (etimologicamente capaci di re-ligare), disinnescando invece le significative componenti di violenza che pure in esse sono state e sono tuttora presenti. Tale pratica consente l’emergere della forte valenza civile delle religioni, della loro capacità di contribuire efficacemente ad una cittadinanza attiva e conviviale – anche in prospettiva educativa – senza per questo volerne esaurire la ricca complessità.
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